Questo articolo esplora il meccanismo della ritenuta d'acconto in Italia, un prelievo fiscale applicato a diverse tipologie di reddito. L'articolo illustra chi sono i soggetti obbligati ad applicare la ritenuta, come si calcola, quali redditi sono interessati e quali sono gli adempimenti fiscali previsti.

Contenuti

Cos'è la ritenuta d'acconto?

La ritenuta d’acconto è un prelievo fiscale che, in determinate situazioni previste dalla normativa, alcuni soggetti devono applicare nel momento in cui erogano un reddito a favore di altri contribuenti. Vediamo nel dettaglio che cos'è e come funziona.

Chi è tenuto a effettuare la ritenuta d'acconto?

Non tutti i contribuenti hanno il ruolo di sostituto d’imposta, quindi non tutti devono applicare la ritenuta d’acconto e occuparsi dei relativi obblighi. La legge ha scelto di affidare questo compito solo a coloro che, per la loro attività, dispongono di una struttura amministrativa e contabile sufficiente per gestire questi tipi di adempimenti.

Gli articoli 23 e seguenti del D.P.R. 600/1973 identificano come sostituti d’imposta:

  • Enti e società indicati all’art. 73 D.P.R 917/1986, tra cui:
    • Società per azionisocietà a responsabilità limitatasocietà cooperative, società di mutua assicurazione, società europee e cooperative europee residenti in Italia.
    • Enti pubblici e privati non societari, trust, con attività commerciale come oggetto principale o esclusivo.
    • Enti pubblici e privati, trust, fondi di investimento non focalizzati esclusivamente su attività commerciale, con sede in Italia.
    • Anche associazioni non riconosciute, consorzi e organizzazioni simili, in cui si verifica in modo unitario e autonomo l’obbligo fiscale.
    • società e trust, residenti all’estero, con o senza personalità giuridica.
  • Società e associazioni elencate all’art. 5 D.P.R 917/1986, come:
  • Persone fisiche che svolgono attività commerciali o agricole.
  • Persone fisiche che esercitano arti o professioni.
  • Curatori fallimentari e commissari liquidatori.
  • Condomini.

Inoltre, secondo l’art. 11 del D.Lgs. 240/1991, anche i gruppi europei di interesse economico (GEIE) assumono la qualifica di sostituto d’imposta.

Chi non rientra in queste categorie, come ad esempio un privato cittadino che paga un professionista per una prestazione, non ha l’obbligo di applicare alcuna ritenuta d’acconto sul compenso erogato.

Tabella comparativa delle categorie e degli obblighi per la ritenuta d’acconto.

Categoria di ContribuenteObbligo di Ritenuta d'AccontoEsempi di ApplicazioneEsenzioni
Società di capitali (es. S.p.A., S.r.l.)Salari, compensi per servizi professionali, prestazioni di serviziNessuna
Enti pubblici e privati con attività commercialeCompensi per servizi e collaborazioniNessuna
Enti pubblici e privati senza attività commercialeOperazioni passive per compensi professionaliNessuna
Persone fisiche che esercitano attività commercialiCompensi a fornitori o collaboratoriNessuna
Persone fisiche che esercitano arti o professioniCompensi a consulenti, collaboratoriNessuna
Curatore fallimentare e commissario liquidatoreCompensi di gestione e liquidazioneNessuna
Privati cittadini non titolari di partita IVANoCompensi a professionisti per prestazioni una tantumTutte le transazioni
Gruppi Europei di Interesse Economico (GEIE)Operazioni passive per compensi e fornitureNessuna

Redditi soggetti a ritenuta d'acconto

Entriamo ora più nel dettaglio di quali sono le tipologie di reddito su cui si applica la ritenuta d'acconto.

Ritenuta d'acconto sui redditi da lavoro dipendente

Secondo gli articoli 23 e 24 del D.P.R. 600/1973, società, enti e persone fisiche che pagano redditi da lavoro dipendente devono applicare, al momento del pagamento, una ritenuta d’acconto sull’IRPEF dovuta dai dipendenti, con l'obbligo di trattenere l'importo direttamente.

Tutte le somme e i benefit che il dipendente riceve dal datore di lavoro o da terzi per quel determinato rapporto lavorativo sono soggetti a questa trattenuta, in base alla frequenza della paga (mensile, quindicinale, settimanale, giornaliera). Inoltre, rientrano nel reddito da lavoro dipendente anche i pagamenti effettuati dai datori entro il 12 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento (principio del “cassa allargata” ai sensi dell’art. 51, c. 1, D.P.R. 600/1973).

Tuttavia, l’articolo 51, c. 2, del D.P.R. 917/1986 esclude dal reddito da lavoro dipendente i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro e i pasti forniti dallo stesso.

Le modalità di applicazione della ritenuta variano in base al tipo di reddito:

  • Stipendi: la ritenuta viene applicata sugli importi netti, dopo le detrazioni per familiari a carico e per lavoro dipendente, in base alle aliquote progressive IRPEF, calcolate per il periodo di paga.
  • Mensilità aggiuntive e compensi simili: la trattenuta si applica secondo le stesse regole degli stipendi.
  • Stipendi arretrati: una volta effettuate le detrazioni, la ritenuta viene calcolata con le modalità di tassazione separata previste dall’art. 20 del D.P.R. 917/1986.
  • Trattamento di fine rapporto (TFR) e simili: il calcolo avviene con i criteri di tassazione separata indicati nell’art. 17 del D.P.R. 917/1986.
  • Compensi agli eredi: sulle somme erogate agli eredi di un dipendente deceduto, si applica la ritenuta con l’aliquota del primo scaglione di reddito.

Secondo l’articolo 23, comma 3, del D.P.R. 600/1973, i datori di lavoro che hanno operato ritenute su stipendi e compensi devono effettuare il conguaglio tra le ritenute trattenute e l’imposta complessiva dovuta dal lavoratore entro il 28 febbraio dell’anno successivo (o alla cessazione del rapporto di lavoro), tenendo conto delle eventuali detrazioni. In questo modo, il datore di lavoro calcola eventuali imposte residue da trattenere e versare all’Erario.

Se, però, le retribuzioni del mese di febbraio non coprono l'importo delle imposte risultanti dal conguaglio, il lavoratore può autorizzare il datore di lavoro, per iscritto, a trattenere le imposte dovute dai pagamenti successivi entro la fine dello stesso anno fiscale.

Ritenuta d'acconto sui redditi da lavoro autonomo

Secondo l’art. 25 del D.P.R. 600/1973, società, enti e persone fisiche che pagano compensi per lavoro autonomo a soggetti residenti in Italia devono applicare una ritenuta del 20% come acconto sull'IRPEF, con l'obbligo di trattenere questa somma. Per compensi pagati a non residenti in Italia, invece, la ritenuta è definitiva e pari al 30%.

In base a quanto stabilito dagli articoli 25 del D.P.R. 600/197353 del D.P.R. 917/1986 (che definisce i redditi di lavoro autonomo), sono soggetti a ritenuta i compensi per:

  • Prestazioni di lavoro autonomo, anche occasionali o rese a favore di terzi.
  • Impegni presi per fare, non fare o permettere qualcosa.
  • Proventi legati alla partecipazione agli utili destinati ai prestatori di lavoro.
  • Profitti destinati ai promotori e ai soci fondatori di società per azioni.
  • Proventi derivanti dallo sfruttamento economico di opere creative, brevetti e altre proprietà industriali.

La ritenuta non viene applicata se il pagamento riguarda attività svolte come impresa, a meno che non si tratti di imprese estere. Pertanto, restano soggetti alla ritenuta i compensi tipici di artisti, liberi professionistilavoratori autonomi.

Per calcolare la ritenuta, la base imponibile viene determinata come indicato nell’art. 54 del D.P.R. 600/1973, includendo:

  • Compensi professionali.
  • Rimborsi spese legati al reddito, tranne le spese documentate e anticipate per conto del cliente.
  • Il contributo previdenziale del 4% a carico del committente per i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata INPS.

Non fanno parte della base imponibile:

  • Contributi previdenziali e assistenziali a carico di chi effettua il pagamento.
  • Il contributo aggiuntivo per la cassa previdenziale professionale, come il 4% per avvocati e commercialisti.
  • Spese per l’incarico sostenute direttamente dal committente.

Il meccanismo della ritenuta d’acconto si applica anche al lavoro autonomo occasionale. Per essere definita “occasionale”, la prestazione non deve essere continuativa, abituale, né coordinata con l'attività del committente.

Chi svolge prestazioni occasionali emette una ricevuta anziché fattura, includendo i dettagli del committente, la descrizione del lavoro effettuato e gli importi della prestazione. La ritenuta non si applica per compensi occasionali inferiori a 25,82 € erogati da enti non commerciali.

Per i contribuenti in regime forfettario, invece, la ritenuta d’acconto non deve essere applicata, né sui compensi ricevuti né su quelli corrisposti. La legge 190/2014, infatti, esenta questo tipo di contribuenti da tale obbligo, poiché i loro redditi sono soggetti a imposta sostitutiva.

Un caso particolare riguarda i diritti d'autore e opere d’ingegno: in questo caso, la base imponibile è ridotta del 25% (o del 40% per chi ha meno di 35 anni) rispetto ai compensi percepiti nell’anno fiscale.

Ritenuta d'acconto su provvigioni e altri compensi

Secondo l’art. 25-bis del D.P.R. 600/1973, società, enti e persone fisiche – escluse le imprese agricole – che pagano provvigioni devono trattenere, al momento del pagamento, una ritenuta d’acconto con aliquota del 23%, equivalente al primo scaglione IRPEF.

Per questi redditi, la base imponibile presenta una particolarità: si calcola solo sul 50% delle provvigioni ricevute. Inoltre, se il beneficiario dichiara di avvalersi regolarmente dell'aiuto di dipendenti o di terzi nella sua attività, la base imponibile è ulteriormente ridotta al 20%.

Ritenuta d'acconto su interessi e redditi di capitale

Anche i redditi derivanti da varie forme di investimento del capitale sono soggetti a ritenuta d’acconto, come previsto dall’art. 26 del D.P.R. 600/1973.

In particolare, i soggetti indicati nell’art. 23 del D.P.R. 600/1973, che hanno emesso obbligazioni, titoli simili e cambiali finanziarie, devono trattenere una ritenuta del 20% sugli interessi e altri proventi pagati ai possessori di tali titoli, con obbligo di rivalsa.

In modo analogo, banche e istituti postali devono applicare una ritenuta del 26% sugli interessi e altri proventi generati dai conti correnti e dai depositi, come stabilito dall’art. 3, comma 7, lettera b), D.L. 66/2014 convertito in L. 89/2014.

Queste ritenute vengono effettuate come acconto sulle imposte quando i redditi da capitale sono corrisposti a:

  • Imprenditori individuali, se titoli e conti fanno parte della loro attività d’impresa.
  • Società di persone, come le società in nome collettivo e le società in accomandita semplice.
  • Società di capitali, enti commerciali e stabili organizzazioni di società ed enti stranieri in Italia.

In tutti gli altri casi, queste ritenute si considerano come imposta definitiva.

Infine, il comma 5 dell’art. 26 D.P.R. 600/1973 prevede una ritenuta del 12,5% come acconto per i redditi di capitale non inclusi nelle categorie sopra elencate e che non prevedono un'altra forma di tassazione.

Come calcolare la ritenuta d'acconto

A riguardo di come si calcola la ritenuta d’acconto, è necessario applicare una specifica aliquota percentuale alla base imponibile del reddito su cui si deve operare la trattenuta. Le percentuali applicate sono differenti in base al tipo di reddito.

La formula per calcolare la ritenuta d’acconto è, quindi, la seguente:

Ritenuta d’acconto = Base imponibile × Aliquota percentuale

Esempi di calcolo della ritenuta d'acconto

Facciamo ora qualche esempio di calcolo della ritenuta di acconto su alcune ipotetiche prestazioni.

Prendiamo un lavoratore autonomo che emette una ricevuta per una prestazione occasionale di 1.000 €. La ritenuta d’acconto applicabile è in questo caso del 20% e sarà pari a 1.000 € × 20% = 200 €. L’importo netto percepito sarà, quindi, di 1.000 € − 200 € = 800 €

Nel caso, invece, di un titolare di un conto deposito che riceve 200 € di interessi; la banca applica una ritenuta del 26% che sarà pari a 200 € × 26% = 52 €. L’importo netto sarà, quindi, di 200 € − 52 € = 148 €

Aliquote della ritenuta d'acconto

L’aliquota della ritenuta d'acconto, come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, varia in base al tipo di reddito erogato. Vediamo più nel dettaglio nella seguente tabella le aliquote attuali di ritenuta d'acconto a seconda delle diverse tipologie di reddito:

Tipologia di redditoAliquotaBase ImponibileRiferimento Normativo
Redditi da lavoro dipendente e assimilatiAliquote progressive IRPEF (23%, 27%, 38%, 41%, 43%)100%Art. 23 D.P.R. 600/1973
Pagamenti per servizi di lavoro autonomo, inclusi quelli occasionali20%100%Art. 25 D.P.R. 600/1973
Commissioni per attività di vendita, agenzia, intermediazione, rappresentanza commerciale e ricerca di affari23%50% (ridotto al 20% se il beneficiario dichiara di utilizzare in modo continuativo l’assistenza di dipendenti o terzi)Art. 25-bis D.P.R. 600/1973
Interessi e altri guadagni derivanti da obbligazioni, titoli affini e cambiali finanziarie20%100%Art. 26 D.P.R. 600/1973
Interessi su conti correnti e depositi bancari o postali26%100%Art. 26 D.P.R. 600/1973
Corrispettivi dovuti dal condominio all'appaltatore4%100%Art. 25-ter D.P.R. 600/1973

Per quanto riguarda le variazioni ed eccezioni, ai compensi per prestazioni di lavoro autonomo corrisposti a soggetti non residenti in Italia deve essere applicata una ritenuta definitiva del 30% sull'intero importo.

Un altro caso particolare riguarda la cessione dei diritti d'autore. Se il percettore dei redditi è l’autore stesso dell’opera, la base imponibile per il calcolo della ritenuta è ridotta al 75% del compenso totale. Inoltre, se l’autore ha meno di 35 anni, la base imponibile viene ulteriormente ridotta al 60%, offrendo un beneficio fiscale aggiuntivo per i giovani autori.

I contribuenti che aderiscono al regime forfettario godono di vantaggi specifici in termini di ritenuta d’acconto. Infatti, i loro compensi non sono soggetti alla ritenuta, né essi devono applicarla sui compensi da loro pagati. Tuttavia, è necessario che rilascino una dichiarazione al committente per attestare l'applicazione del regime forfettario.

Infine, le prestazioni di lavoro autonomo occasionale di importo inferiore a 25,82 € non richiedono l'applicazione della ritenuta d’acconto, salvo che si tratti di acconti per prestazioni di valore complessivo superiore a tale importo.

Adempimenti fiscali e procedure per la ritenuta d'acconto

Vediamo ora quali sono gli adempimenti fiscali sia per chi effettua la ritenuta d'acconto che per chi subisce la trattenuta.

Per chi effettua la ritenuta

Chi eroga un reddito soggetto a ritenuta d’acconto deve versare le somme trattenute al Fisco utilizzando il modello F24, compilato nella sezione “Erario” con le seguenti informazioni:

  • Codice tributo (ad esempio, 1040, anche se altri codici possono applicarsi a specifiche ritenute come quelle condominiali).
  • Mese e anno del pagamento soggetto a ritenuta, rispettivamente in formato numerico (es. 01 per gennaio) e anno.
  • Importo a debito dovuto.

I sostituti d’imposta senza partita IVA possono versare la ritenuta online o tramite modello cartaceo negli uffici postali o bancari. Chi possiede partita IVA, invece, deve usare esclusivamente le modalità telematiche, tramite i servizi dell’Agenzia delle Entrate o di internet banking.

Secondo l’art. 18 del D.Lgs. 241/1997, le ritenute devono essere versate entro il 16 del mese successivo a quello in cui è stato effettuato il pagamento soggetto a trattenuta. Se la scadenza cade in un giorno festivo o non lavorativo, il pagamento è ritenuto puntuale se effettuato entro il primo giorno lavorativo successivo.

Inoltre, entro il 31 ottobre dell’anno seguente al versamento della ritenuta d'acconto, i sostituti d’imposta devono presentare il modello 770, che riepiloga tutte le ritenute operate nel corso del periodo d'imposta, ed emettere entro il 7 marzo le Certificazioni Uniche (CU) per i percettori di redditi soggetti a ritenuta. Il CU deve essere consegnato ai lavoratori entro il 31 marzo dell’anno successivo o entro 12 giorni dalla fine del rapporto di lavoro.

Per chi subisce la ritenuta

Chi riceve un compenso soggetto a ritenuta (come i lavoratori autonomi) solitamente include l'importo della ritenuta d’acconto all'interno della fattura o della ricevuta, come cortesia informativa per il committente. Tuttavia, l’obbligo della ritenuta rimane a carico di chi effettua il pagamento della prestazione, che deve trattenere, versare e dichiarare la trattenuta, anche se non riportata nel documento di pagamento.

In fase di dichiarazione dei redditi, chi ha subito una ritenuta d’acconto può detrarre le somme già versate dal committente per conto proprio.

Se le ritenute subite risultano non certificate, recenti orientamenti di legge consentono comunque la deduzione delle ritenute, purché il contribuente possa dimostrare che la trattenuta è stata effettivamente applicata, anche tramite altre prove documentali (cfr. Risoluzione n. 68E del 19.03.2009 e Cass. Civ., sez. V, n. 18910 del 2018).

Sanzioni per violazioni della ritenuta d'acconto

Le violazioni in materia di ritenuta d’acconto comportano delle conseguenze per il sostituto d’imposta, sia di natura amministrativa che, in alcuni casi, penale. Di seguito, presentiamo un riepilogo delle principali sanzioni applicabili.

Sanzioni per violazioni della ritenuta d'acconto:

ViolazioneSanzione AmministrativaSanzione PenaleRiferimento Normativo
Omessa esecuzione di ritenuta alla fonteSanzione percentuale del 20% dell’importo non trattenutoNessunaArt. 14 D.Lgs. 471/1997
Omesso versamento di ritenute alla fonteSanzione del 30% dell’importo non versato (ridotta al 15% se il ritardo è inferiore a 90 giorni)Reclusione da 6 mesi a 2 anni per importi superiori a 150.000 €Art. 10-bis D.Lgs. 74/2000
Omessa dichiarazione del sostituto d’impostaSanzione dal 120% al 240% delle ritenute non versate (minimo 250 euro); ridotta al 60%-120% se dichiarazione presentata entro anno successivoReclusione da 1 anno e 6 mesi a 4 anni per importi non versati superiori a 50.000 €Art. 2 D.Lgs. 471/1997Art. 5, c. 1-bis, D.Lgs. 74/2000
Dichiarazione infedelePenale compresa tra il 90% e il 180% delle ritenute non versate, aumentata del 50% in caso di utilizzo di documentazione falsaReclusione da 1 a 3 anni se l’imposta evasa supera 150.000 € e l’ammontare non dichiarato supera il 10% del totale dichiaratoArt. 2 D. Lgs. 471/1997Art. 4 D.Lgs. 74/2000
Dichiarazione fraudolenta-Reclusione da 1 a 6 anni se l’imposta evasa supera 30.000 € e le ritenute fittizie sono superiori al 5% del totale o a 30.000 €Art. 3 D.Lgs. 74/2000
Omessa o tardiva trasmissione della Certificazione Unica (CU)Penale di 100 €per ciascuna certificazione mancante o errata, fino a un massimo totale di 50.000 €NessunaArt. 4, c. 6-quinquies, D.P.R. 322/1998
Presentazione di dichiarazione inesattaSanzione da 250 a 2.000 €; aumenta fino a 4.000 € per omissioni sugli elementi essenzialiNessunaArt. 8, c. 1, D.Lgs. 471/1997

In caso di ritardi nel pagamento della ritenuta d’acconto, il sostituto d’imposta può regolarizzare la sua posizione attraverso il ravvedimento operoso, che consente una riduzione della sanzione in base al tempo trascorso dal termine originale di pagamento (art. 13 D.Lgs. 472/1997).

Domande frequenti

Come funziona la ritenuta d'acconto?

La ritenuta d’acconto è un anticipo sull’imposta dovuta dal percettore di un reddito, trattenuto direttamente dal soggetto che eroga il compenso (sostituto d’imposta). Al momento del pagamento, il sostituto d’imposta trattiene una percentuale dell’importo e la versa direttamente all'Erario per conto del percettore, che potrà detrarla dalla sua imposta annuale.

Chi paga la ritenuta d'acconto?

La ritenuta d’acconto è pagata dal sostituto d’imposta, cioè dal soggetto che eroga il compenso. Questo soggetto trattiene una percentuale dall'importo dovuto al percettore e la versa direttamente all'Erario.

Chi paga la ritenuta d'acconto per una prestazione occasionale?

Per una prestazione occasionale, la ritenuta d’acconto è pagata dal committente, che trattiene una percentuale sul compenso e la versa all'Erario per conto del prestatore.

Chi paga la ritenuta d'acconto per i professionisti?

La ritenuta d’acconto per i professionisti è pagata dal cliente, che trattiene una percentuale dal compenso e la versa all'Erario per conto del professionista.

Come si calcola il ravvedimento operoso per la ritenuta d'acconto?

Per calcolare il ravvedimento operoso sulla ritenuta d’acconto, si somma all’importo originario non versato una sanzione ridotta (che varia in base ai giorni di ritardo) e gli interessi legali. La sanzione va dallo 0,1% per ritardi fino a 14 giorni, fino al 5% per ritardi superiori a due anni, con interessi calcolati al tasso legale per il periodo di ritardo.

Come si paga la ritenuta d’acconto?

La ritenuta d’acconto si paga utilizzando il modello F24, compilando la sezione “Erario” con il codice tributo specifico, il mese e l’anno in cui è avvenuto il pagamento. I sostituti d’imposta con partita IVA devono effettuare il pagamento esclusivamente online tramite i servizi dell’Agenzia delle Entrate o dell'internet banking, mentre quelli senza partita IVA possono procedere con il versamento anche in modalità cartacea presso banche, uffici postali o agenti della riscossione.

Quando si paga la ritenuta d’acconto?

La ritenuta d’acconto deve essere pagata entro il 16 del mese successivo a quello in cui è stato effettuato il pagamento soggetto a trattenuta. Se la scadenza coincide con un giorno festivo o con il sabato, il pagamento sarà considerato puntuale se effettuato entro il primo giorno lavorativo successivo.

Quando non si applica la ritenuta d’acconto?

La ritenuta d’acconto non si applica quando il percettore del reddito è in regime forfettario, poiché questi compensi sono soggetti a un’imposta sostitutiva. Inoltre, non si applica per le prestazioni occasionali di importo inferiore a 25,82 € (salvo acconti per importi complessivi superiori) e per alcune tipologie di redditi esenti o soggetti a tassazione diversa, come determinati contributi integrativi previdenziali o redditi già tassati alla fonte.

Che cosa accade se si paga la ritenuta d’acconto in ritardo?

Se la ritenuta d’acconto viene pagata in ritardo, è possibile regolarizzare la propria posizione con il ravvedimento operoso. Questo procedimento prevede una sanzione ridotta sul ritardo (invece del 30% standard), che varia in base al tempo trascorso dalla scadenza (ad esempio, 0,1% al giorno entro 14 giorni, fino al 5% per ritardi oltre i due anni), più gli interessi calcolati al tasso legale per i giorni di ritardo.

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