Spieghiamocos'è il regime ordinario, chi può sceglierlo, le imposte e le tasse del regime ordinario, le differenze tra i maggiori regimi fiscali previsti in Italia

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Il regime fiscale ordinario è un regime contabile che si caratterizza per la sua complessità.

In questo articolo ti parleremo delle caratteristiche di questo regime fiscale, di chi deve aderirvi e di quali sono le maggiori differenze tra questo regime, il regime contabile semplificato e il regime forfettario.

Cos’è il regime fiscale ordinario e cosa comporta 

La contabilità ordinaria prevede specifici obblighi per chi sceglie – o è obbligato – ad aderirvi. 

L’ordinario è il regime fiscale più complesso tra quelli previsti in Italia, e chi lo adotta dovrà produrre bilanci annuali e una serie di registri contabili: 

  • Il libro giornale: secondo quanto recita l’articolo 2214 del Codice Civile, si tratta di uno dei registri che devono essere tenuti da chi svolge attività commerciali. Qui andranno annotati tutti i movimenti contabili che riguardano l’attività.
  • Il libro degli inventari, in cui si registrano tutti i beni dell’attività. Questo registro deve essere compilato quando l’attività viene avviata e poi al termine di ogni anno fiscale.
  • Le scritture di magazzino: questo registro va tenuto solo da quelle attività che registrano, per due anni consecutivi, ricavi che superano i 5.164.568,99 € e che abbiano rimanenze superiori a 1.032.913,80 €.
  • Il registro dei beni ammortizzabili, in cui vanno registrati i beni mobili e immobili che cambiano valore nel corso del tempo. Per ciascun bene va indicato l’anno e il prezzo di acquisto, così come il coefficiente di ammortamento e le variazioni di valore. 
  • I registri IVA – che non è più obbligatorio stampare a seguito della fatturazione elettronica, che permette di registrare tutto telematicamente. 
  • Il libro mastro, che deve contenere tutti i conti aziendali e i relativi movimenti. 
  • I libri sociali – nei casi in cui ad adottare questo regime siano gli enti in cui è prevista la presenza di soci, come nel caso delle società di persone o di capitali. 

Come puoi vedere, sebbene aprire partita IVA non sia complesso, può esserne complessa la gestione, specialmente nei casi in cui si debba optare per il regime contabile ordinario.

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Chi deve optare per il regime ordinario?

In generale, tutti possono optare per il regime ordinario: che si tratti di un lavoratore autonomo – dunque anche i liberi professionisti – o di una società, si può optare per il regime fiscale ordinario qualora lo si ritenesse più vantaggioso dal punto di vista fiscale. 

Ci sono invece delle categorie che sono obbligate a rientrare in questo regime, così come sono obbligate a farlo tutte quelle attività che superano i limiti previsti dal regime semplificato. 

Ecco quali sono le attività che devono necessariamente rientrare nell’ordinario: 

  • Le società di capitali;
  • Le società cooperative e assicuratrici;
  • Tutti gli enti e associazioni che abbiano come oggetto esclusivo o prevalente le attività commerciali;
  • Tutte le attività non residenti in Italia – a meno che non rispettino i requisiti che permettono anche l’accesso al forfettario.

Invece, i limiti che, se superati, obbligano al passaggio all’ordinario, sono i seguenti:

  • 400.000 euro di ricavi annuali per le attività che si occupano in modo prevalente o esclusivo della vendita di servizi;
  • 700.000 euro per le altre attività – anche per quelle in cui non è possibile stabilire quale sia il tipo di attività prevalente.

Regime ordinario: tasse e imposte

È innanzitutto bene specificare che per la determinazione del reddito imponibile viene utilizzato il principio di competenza: non importa che le fatture emesse o ricevute siano state effettivamente incassate o pagate, tutte le fatture – che per l’ordinario devono necessariamente essere in formato elettronico – concorrono alla formazione del reddito. 

Il regime ordinario prevede che le attività che lo adottano possano detrarre – nelle modalità previste dalla legge – i costi relativi alla gestione dell’attività stessa: canoni d’affitto, spese telefoniche, trasferte, spese mediche, tutto concorre all’abbassamento del reddito imponibile.

Una volta stabilito quale sia la parte di reddito tassabile, queste sono le imposte che maggiormente influiranno sull’attività: 

  • IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche): imposta progressiva che, a seconda del reddito, può arrivare al 43% dell’imponibile; Le aliquote per il 2023 sono le seguenti: 23% per i redditi fino a 15.000 euro; 25% per i redditi tra 15.001 e 28.000 euro; 35% per i redditi compresi tra 28.001 e 50.000 euro; 43% per i redditi superiori a 50.000 euro. Ad esempio, se guadagnate 25.000 euro all'anno, pagherete il 23% di tasse su 15.000 euro e il 25% sui restanti 10.000 euro.
  • IRAP: si tratta di un’imposta regionale e dunque variabile, che dall’inizio del 2022 questa imposta resta valida solo per le società;
  • IVA;
  • IRES – valida per le società, l’aliquota è al 24%. 

Vanno poi considerati i contributi, che variano a seconda della cassa previdenziale di appartenenza – è importante sottolineare che gli ordinati non possono accedere alle agevolazioni previste per i forfettari iscritti alla Gestione IVS dell’INPS. 

Differenze tra i maggiori regimi fiscali previsti in Italia

In Italia sono tre i maggiori regimi fiscali previsti: il regime forfettario, la contabilità semplificata e l’ordinario. 

Il forfettario è il regime contabile meno complesso: non è necessario tenere alcun bilancio o registro contabile, non va inserita l’IVA in fattura, non vige l’obbligo di fatturazione elettronica ed esistono svariate agevolazioni fiscali – i forfettari pagano un’imposta sostitutiva al 5% o 15%, a seconda dell’attività. I limiti per rientrare in questo regime ammontano a 65.000 € annui di ricavi e 20.000 € per le spese relative a lavoro dipendente e accessorio. Va inoltre considerato che sono molti i limiti relativi al trascorso lavorativo del titolare dell’attività, e che non è possibile detrarre le spese – poiché queste vengono calcolate forfettariamente in base al codice ATECO (i codici si possono consultare sul sito dell’ISTAT): dunque, sebbene si tratti di un regime fiscale agevolato e molto più semplice del regime ordinario, prevede una quantità di imposizioni che di fatto possono limitare l’espansione di un’attività – ecco perché ad adottarlo sono solitamente i lavoratori autonomi e le imprese di piccole dimensioni. 

Le differenze tra ordinario e semplificato riguardano invece i limiti che abbiamo menzionato sopra – inoltre, il semplificato prevede una contabilità più snella. 

È possibile passare da un regime all’altro in modo molto semplice: i ricavi e le fatture renderanno chiaro quale sia il regime fiscale adottato, e tutto andrà riportato nella dichiarazione dei redditi così da poter essere dichiarato e verificato. 

Conclusioni

In questo articolo abbiamo parlato dell’ordinario, il regime fiscale più complesso previsto in Italia.

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