Regime dei minimi: questo regime è ancora attivo per coloro che hanno aperto la partita IVA prima del 2015, ma come funziona? In questo articolo ti parleremo delle sue caratteristiche e delle differenze con il nuovo regime forfettario. 

Contenuti

Che cos’è il regime dei minimi? 

Si tratta di un regime fiscale che costituiva, rispetto al regime semplificato e al regime ordinario, il regime contabile agevolato in Italia. 

Introdotto nel 2007, questo regime fiscale è nato con l’intento di facilitare l’avviamento di nuove attività – soprattutto tra i lavoratori autonomi e gli imprenditori più giovani – limitando i costi amministrativi e la pressione fiscale. 

Con l’entrata in vigore del regime forfettario con la legge di stabilità del 2015, ci si riferisce al precedente regime agevolato come vecchio regime dei minimi. 

Ma coloro che hanno aperto la partita IVA prima del 2015 potevano accedere al regime dei minimi secondo i limiti previsti per legge – di cui parleremo in seguito. 

Il regime dei minimi ha una durata pari al periodo d’imposta di avvio dell’attività più i quattro successivi, quindi per un massimo di 5 anni complessivi.

Se però, allo scadere dei cinque anni, il contribuente non ha ancora compiuto i 35 anni, può continuare ad applicare il regime dei minimi fino all’anno in cui raggiunge il 35° anno di età. In questo caso l’età non riduce la durata, ma può estenderla oltre il quinquennio.

Dunque, sebbene questo regime non sia più attivabile per le nuove partite IVA, coloro che hanno avviato un’attività prima dell’introduzione del regime forfettario e avevano meno di 35 anni, possono ancora utilizzare il regime dei minimi, e potranno farlo fino al compimento dei 35 anni. 

È dunque utile conoscere le caratteristiche di questo regime fiscale: coloro che non rientreranno più in quel regime potranno adottare il regime forfettario o uno degli altri regimi contabili previsti in Italia, ed è quindi importante tenere un’ottima contabilità per evitare spiacevoli e per essere in grado di non superare i limiti previsti per i regimi agevolati. 

Come funziona il regime dei minimi?

Coloro che sono ancora soggetti al regime dei minimi devono tenere conto dei limiti di questo regime fiscale: 

  • La somma dei ricavi ottenuti durante l’anno non può superare i 30.000 €. Se questo limite viene superato, si resta nel regime dei minimi solo per l’anno in corso, ma si passerà a un altro regime fiscale (ordinario o forfettario) dall’anno successivo. Se, invece, i ricavi superano i 45.000 € annui, la fuoriuscita dal regime è immediata: già nello stesso anno si perdono i benefici previsti e scattano gli adempimenti ordinari, inclusa l’applicazione dell’IVA.
  • Come anticipato, il regime dei minimi ha una sorta di data di scadenza: per coloro che avevano scelto di adottare questo tipo di contabilità e avevano superato i 35 anni d’età, il regime dei minimi aveva una durata di 5 anni; i più giovani, invece, possono usufruirne fino al compimento dei 35 anni.
  • Come il semplificato e l’ordinario, anche il regime dei minimi prevede la deduzione delle spese dall’imponibile – deduzione del 100% per le spese che riguardano esclusivamente l’attività, del 50% per le spese promiscue (ossia le spese che riguardano i beni e i servizi che vengono utilizzati sia per l’attività che per uso personale).
  • Non è possibile assumere lavoratori dipendenti.
  • L’acquisto dei beni strumentali dev’essere limitato al raggiungimento dei 15.000 € negli ultimi tre anni di attività. Se questo tetto di spesa viene superato, bisogna passare a un altro regime fiscale.
  • Non si è tenuti al mantenimento di alcun libro contabile – è però sempre necessario fatturare, numerare correttamente le fatture e inserire le clausole che dichiarano il regime contabile adottato.

Regime dei minimi o forfettario? Differenze tra questi due regimi fiscali

Il regime dei minimi, sebbene abbia anticipato il forfettario, presenta alcune differenze rispetto al nuovo regime contabile agevolato. 

I contribuenti minimi potrebbero dunque optare per il nuovo regime qualora lo ritenessero più conveniente, ed ecco perché è bene conoscere le differenze tra questi regimi fiscali:

  • Mentre il regime dei minimi prevede un massimo di ricavi annuali pari a 30.000 euro, il forfettario espande il limite fino a 65.000 euro.
  • Il regime forfettario non ha alcuna scadenza, e non prevede limiti d’età. L’unico aspetto che prevede una durata specifica è quello relativo alla tassazione delle nuove attività che possono aderire alla tassazione start up per i forfettari – con una flat tax al 5% per cinque anni. La tassazione del regime dei minimi, invece, prevede che l’imposta sostitutiva al 5% venga mantenuta per la durata dell’adesione al regime – mentre per il forfettario l’imposta ammonta, solitamente, al 15%. La tassazione per i contribuenti minimi è stata modificata in seguito alla riforma del 2011: mentre prima l’imposta sostitutiva ammontava al 20% dell’imponibile, è poi passata al 5%.
  • Il regime dei minimi permette la deduzione delle spese, mentre nel forfettario queste vengono dedotte a priori. A seconda del codice ATECO (il codice che classifica le attività economiche) legato alla partita IVA, le spese vengono dedotte forfettariamente, e il coefficiente di redditività stabilito per ogni attività specifica determina l’imponibile da tassare.
  • Mentre nel regime dei minimi non è consentito assumere dipendenti, nel regime forfettario è possibile farlo senza limiti sul numero delle persone assunte, a condizione che le spese lorde complessive per personale e collaboratori (stipendi, contributi e oneri) non superino i 20.000 € annui (L. 190/2014 e come confermato dalla Risoluzione n. 7/E/2020 dell'Agenzia delle Entrate). Dal 2019, con la Legge di Bilancio (L. 145/2018), è stato, invece, eliminato il vincolo sui beni strumentali: oggi non esiste più alcun limite al loro valore complessivo per chi aderisce al regime forfettario.
  • Il regime dei minimi prevede un tetto massimo di spesa per i beni strumentali, mentre nel forfettario questo limite è stato abolito: indipendentemente da quanto si spende per l’attività, la cifra non obbliga ad adottare un diverso regime fiscale.

Ci sono invece aspetti che sono rimasti uguali, sia nel regime dei minimi che in quello forfettario: 

  • Non si applica l’IVA in fattura – un vantaggio rispetto agli altri regimi fiscali previsti in Italia, poiché concede di non addebitare l’IVA ai clienti.
  • Non è obbligatorio tenere registri contabili, né presentare bilanci annuali. Inoltre, non è obbligatorio utilizzare la fattura elettronica – a meno che non si tratti di fatturazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni.
  • Si è esenti dall’applicazione della ritenuta d’acconto in fattura – per quanto riguarda il regime dei minimi, l’esenzione è arrivata con la riforma del 2011.
  • In entrambi i casi bisogna applicare alla fattura una marca da bollo da 2 euro se l’importo è superiore a 77,47 €.
  • Sia nel regime dei minimi che nel forfettario l’imposta sostitutiva sostituisce l’IRPEF assieme alle relative addizionali regionali e comunali. Nel regime forfettario, inoltre, non si applica l’IVA in fattura e in molti casi l’imposta sostitutiva sostituisce anche l’IRAP (anche se alcuni professionisti possono comunque esserne soggetti). L’IRES, invece, non rientra mai tra le imposte sostituite, poiché riguarda esclusivamente le società di capitali.

Dunque, sebbene il regime dei minimi non sia più attivabile per le nuove partite IVA, il forfettario rappresenta un valido sostituto del regime agevolato, permettendo il passaggio al nuovo regime contabile senza perdere i benefici previsti. 

FAQ

Chi sono i contribuenti minimi?

I contribuenti minimi sono i titolari di partita IVA che, avendola aperta prima del 2015, hanno scelto il regime dei minimi come regime agevolato. Questo gruppo gode di specifici vantaggi fiscali, come l’imposta sostitutiva al 5% e semplificazioni contabili, ma deve rispettare limiti ben precisi sui ricavi nonché sull’acquisto di beni strumentali.

Come aprire partita IVA in regime dei minimi?

Non è più possibile aprire una nuova partita IVA con il regime dei minimi: l’adesione era consentita solo fino al 2015. Oggi chi avvia un’attività deve scegliere tra i regimi contabili attuali (in particolare il regime forfettario o il regime ordinario), mentre chi aveva già aderito al regime dei minimi prima del 2015 può mantenerlo fino alla sua naturale scadenza.

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