Il capitale circolante netto rappresenta uno degli indicatori fondamentali per valutare la solidità finanziaria e la capacità operativa di un’impresa. Misura la differenza tra le attività correnti e le passività correnti, fornendo un quadro immediato della liquidità aziendale. 

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In questa guida analizzeremo in modo completo cos’è il capitale circolante netto, come si calcola, quali sono le sue varianti operative e commerciali e come influisce sulla gestione finanziaria complessiva.

Cos’è il capitale circolante netto? La definizione

Il capitale circolante netto (CCN), conosciuto anche come Net Working Capital (NWC), è uno degli indicatori più utilizzati per valutare la liquidità di un’azienda. Non misura i profitti, ma indica quanto l’impresa sia in grado di coprire i propri impegni a breve termine, sostenere le spese correnti e mantenere un cash flow equilibrato.

La differenza tra capitale circolante e capitale circolante netto è semplice: il primo si limita a considerare le attività correnti, mentre il CCN sottrae anche le passività a breve, fornendo così il vero margine di sicurezza finanziaria. Questo dato è fondamentale per capire se l’azienda opera in equilibrio o rischia tensioni di cassa.

Un CCN positivo è un buon segnale: significa che l’impresa può pagare fornitori e dipendenti, affrontare i costi quotidiani senza ricorrere a nuovi finanziamenti e gestire eventuali imprevisti. Al contrario, un valore negativo indica che le passività superano le attività correnti, una condizione che richiede interventi tempestivi per evitare problemi di liquidità.

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La formula del capitale circolante netto

Il calcolo del capitale circolante netto (CCN) è semplice:

CCN = Attività correnti – Passività correnti

Nelle attività correnti rientrano la cassa, i crediti, le scorte e i ratei attivi. Le passività correnti comprendono, invece, i debiti verso fornitori, gli stipendi, le imposte, le rate di prestiti e i ratei passivi.

La formula è la stessa in ogni contesto, ma i principi contabili possono cambiare il perimetro: ad esempio, il CCN operativo esclude i debiti finanziari per concentrarsi solamente sulla gestione caratteristica.

Calcolo del capitale circolante netto: guida pratica

Il calcolo del capitale circolante netto (CCN) parte dallo stato patrimoniale, prendendo in considerazione solo le voci a breve termine.

Per capire meglio, ecco un esempio pratico di determinazione del capitale circolante netto: se le attività correnti ammontano a 120.000 € e le passività correnti a 80.000 €, il CCN sarà pari a 40.000 €. In pratica, l’impresa dispone di un margine di sicurezza per coprire i propri impegni senza dover ricorrere a nuovi finanziamenti.

Il calcolo può essere fatto con un normale foglio Excel. Tuttavia, l’utilizzo di software dedicati alla tesoreria offre vantaggi significativi: dati aggiornati in tempo reale, analisi dettagliate dei flussi di cassa e simulazioni previsionali. Tutto questo riduce il rischio di errori e rende più semplice prendere decisioni strategiche consapevoli.

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Capitale circolante netto operativo

Il capitale circolante netto operativo (CCNO) è una variante del CCN che considera solo la gestione caratteristica dell’impresa. Non considera, infatti, gli elementi finanziari, come i prestiti o i debiti bancari, ma soltanto le componenti legate al ciclo operativo.

La formula è la seguente:

CCNO = Crediti commerciali + Rimanenze + Altre attività operative a breve - Debiti commerciali - Altre passività operative a breve

Questo indicatore mostra quanto capitale è bloccato tra crediti, scorte e debiti commerciali. È utile per valutare l’efficienza operativa e il fabbisogno di liquidità, soprattutto in settori con grandi stock o lenti processi di incasso.

Un CCNO positivo indica un equilibrio nella gestione, mentre uno negativo segnala la presenza di criticità come crediti in ritardo, scorte eccessive o termini di pagamento sfavorevoli.

A cosa corrisponde il capitale circolante netto commerciale?

Il capitale circolante netto commerciale (CCNC) è un indicatore che misura la parte del capitale circolante legata esclusivamente ai rapporti commerciali dell’impresa. Si concentra quindi su crediti, debiti e scorte, senza considerare né le disponibilità liquide né gli elementi finanziari.

CCNC = (Crediti commerciali + Rimanenze) - Debiti commerciali 

Questo valore permette di capire quante risorse sono immobilizzate nel ciclo operativo legato a vendite e acquisti. Se il valore è troppo alto, significa che l’azienda ha molto capitale fermo in crediti non incassati o in scorte che non ruotano velocemente.

Questo indicatore è particolarmente importante in settori come il retail, la grande distribuzione e la manifattura, dove i tempi di pagamento e il livello delle scorte possono avere un impatto enorme sulla liquidità. Monitorarlo aiuta a migliorare la rotazione del magazzino, a negoziare termini di pagamento più vantaggiosi con i fornitori e a ottimizzare la gestione dei crediti.

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Variazione del capitale circolante netto

Il capitale circolante netto non è un valore statico: cambia nel tempo in base all’andamento delle operazioni aziendali. Analizzare la sua variazione è importante perché ciò fornisce delle indicazioni preziose sul fabbisogno di liquidità e sulla gestione dei flussi di cassa.

Che cosa significa la variazione del CCN? In termini semplici, un aumento del capitale circolante netto indica che le attività correnti crescono più delle passività correnti, quindi l’azienda ha maggiori risorse disponibili. Al contrario, una riduzione del CCN segnala che le passività a breve termine sono aumentate o che le attività si sono ridotte, riducendo la liquidità operativa.

Le cause più frequenti delle variazioni sono legate alle componenti che formano il CCN. Ad esempio, se aumentano i crediti non incassati o il magazzino si riempie di prodotti invenduti, il CCN aumenta ma la liquidità immediata diminuisce perché il capitale rimane immobilizzato. Al contrario, una riduzione delle scorte o dei tempi di incasso più rapidi possono far crescere il CCN, migliorando la liquidità.

Come monitorare e correggere le variazioni del CCN?

Monitorare queste variazioni è fondamentale per evitare potenziali squilibri. Come farlo? Il primo passo è controllare periodicamente lo stato patrimoniale e tenere sotto osservazione i principali indici di liquidità. Molte aziende utilizzano dei software di gestione finanziaria che permettono di aggiornare i dati in tempo reale e di simulare possibili scenari futuri. Questo consente di agire in anticipo, correggendo per tempo eventuali criticità.

Per la correzione di una variazione negativa del CCN si può intervenire accorciando i tempi di incasso, riducendo le scorte e rinegoziando i termini di pagamento con i fornitori. Al contrario, se il CCN è molto alto, potrebbe essere utile reinvestire parte della liquidità al fine di evitare la presenza di risorse inattive e di migliorare la redditività complessiva.

Capitale circolante netto negativo: cosa significa?

Un capitale circolante netto negativo si verifica quando le passività correnti superano le attività correnti. In altre parole, l’azienda non dispone di risorse sufficienti per coprire gli impegni a breve termine utilizzando la propria liquidità, i crediti e le scorte.

Quando accade questa situazione? Spesso è legata a fattori come ritardi negli incassi da parte dei clienti, un eccessivo accumulo di debiti verso i fornitori o la necessità di rimborsare dei prestiti a breve termine. Anche una gestione poco efficiente del magazzino può contribuire a questo valore negativo. Ciò avviene perché tale situazione immobilizza il capitale che non si trasforma in cassa.

Rischi di un CCN negativo

I rischi di un CCN negativo non vanno sottovalutati: avere più debiti che risorse liquide può, infatti, generare tensioni di cassa e difficoltà nel rispettare le scadenze di pagamenti e forniture.

Nel tempo, questa condizione può compromettere i rapporti commerciali, la reputazione dell’impresa e persino portare a una crisi di liquidità con rischio di insolvenza.

Strategie di correzione per un CCN negativo

Le strategie di correzione devono puntare a migliorare il flusso di cassa. Una delle prime azioni da intraprendere è ridurre i tempi di incasso, adottando delle politiche di pagamento più stringenti o incentivando i clienti a effettuare il versamento in anticipo. Parallelamente, conviene ottimizzare le scorte di magazzino, evitando di immobilizzare capitale in prodotti invenduti. Un’altra leva è rinegoziare le condizioni con i fornitori, ottenendo delle dilazioni più favorevoli. Infine, se necessario, si può ricorrere a strumenti finanziari come il factoring o linee di credito temporanee, ma sempre facendo attenzione a non appesantire ulteriormente la struttura dei debiti.

Capitale circolante netto e cash flow

Il capitale circolante netto e il cash flow sono due indicatori strettamente legati alla gestione della liquidità aziendale. Il primo esprime l’equilibrio tra le risorse disponibili e gli obblighi a breve termine, mentre il secondo misura il flusso reale di denaro generato dall’attività operativa.

Un aumento del CCN può sembrare positivo, ma significa che più risorse restano immobilizzate in crediti da incassare o scorte, riducendo la liquidità immediata e quindi il cash flow. Al contrario, una riduzione del CCN libera cassa e migliora la capacità dell’impresa di far fronte ai pagamenti e di poter investire. Tuttavia, se dovuta a calo delle vendite o problemi di approvvigionamento, può essere un segnale negativo.

Margine di tesoreria e capitale circolante netto

Il margine di tesoreria e il capitale circolante netto sono due strumenti complementari per valutare la solidità finanziaria di un’azienda. Il CCN offre una visione d’insieme sulla capacità di affrontare gli impegni a breve termine, considerando sia le risorse disponibili sia le obbligazioni correnti. Il margine di tesoreria, invece, si focalizza sulla liquidità immediata, verificando se la cassa e i crediti di breve periodo sono sufficienti a coprire i debiti più urgenti.

Margine di tesoreria = (Disponibilità liquide + Crediti a breve) - Passività correnti 

In sostanza, il margine di tesoreria risponde alla domanda: “Sono in grado di pagare subito ciò che devo restituire?”.

Analizzare insieme questi due indicatori permette di capire non solo la sostenibilità operativa nel breve periodo, ma anche la prontezza dell’azienda a reagire a eventuali imprevisti di cassa. Un monitoraggio costante aiuta a prevenire potenziali crisi di liquidità e a definire delle strategie di gestione più efficaci.

Posizione finanziaria netta e capitale circolante netto

La posizione finanziaria netta (PFN) e il capitale circolante netto (CCN) sono degli indicatori fondamentali per comprendere la stabilità economica di un’impresa. Il CCN rappresenta la capacità di affrontare impegni a breve termine, mentre la PFN evidenzia il livello di indebitamento netto, mettendo a confronto i debiti finanziari e la liquidità disponibile.

Un CCN positivo non è sufficiente se la PFN è molto negativa: l’azienda potrebbe, infatti, essere solida nel breve periodo, ma gravata da un eccesso di debito sul lungo termine. Al contrario, una PFN equilibrata abbinata a un CCN adeguato riduce i rischi e migliora la capacità di investimento.

Considerare insieme questi due parametri offre una visione più completa dell’andamento di un’attività: il CCN fotografa l’operatività immediata, la PFN racconta la sostenibilità del debito nel tempo. Il giusto equilibrio tra i due è essenziale per garantire continuità e crescita.

Rendiconto finanziario e capitale circolante netto

Nel rendiconto finanziario, il capitale circolante netto non compare come voce diretta, ma le sue variazioni sono fondamentali per determinare il flusso di cassa operativo. Quando il CCN aumenta, significa che più risorse sono immobilizzate in crediti o scorte, riducendo la liquidità disponibile; al contrario, una diminuzione libera cassa e migliora il cash flow.

Questa informazione è preziosa per la lettura strategica del rendiconto: analizzare le variazioni del CCN aiuta, infatti, a capire se l’azienda sta gestendo bene il ciclo operativo e se ha margini per sostenere gli investimenti o per ripagare i propri debiti.

Non basta, quindi, guardare solamente l’utile: la vera solidità si misura anche dal modo in cui il capitale circolante influisce sui flussi di cassa.

Rotazione del capitale circolante netto

Il tasso di rotazione del capitale circolante netto misura quante volte, in un anno, l’azienda riesce a trasformare il proprio capitale circolante in vendite. È un indicatore di efficienza: più è alto il valore, più rapidamente le risorse impegnate nel ciclo operativo vengono convertite in ricavi.

Il calcolo è semplice:

Rotazione CCN = Fatturato / Capitale Circolante Netto medio

Un risultato elevato indica una buona gestione di crediti, scorte e dei debiti commerciali; un valore basso, invece, può segnalare una certa lentezza negli incassi o un magazzino sovradimensionato.

I benchmark variano in base al settore: le aziende retail o della grande distribuzione, per esempio, presentano in genere dei tassi di rotazione più alti rispetto alle imprese manifatturiere, che, invece, gestiscono dei cicli produttivi più lunghi.

Confrontare il proprio indicatore con la media di settore è, quindi, essenziale per capire se la gestione del circolante è davvero efficiente.

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