A quasi due mesi dalla fine del lockdown e con il ritorno graduale a quello che gli esperti definiscono “new normal”, la ristorazione fatica a ripartire.

A quasi due mesi dalla fine del lockdown e con il ritorno graduale a quello che gli esperti definiscono “new normal”, la ristorazione fatica a ripartire.

Ci riferiamo a quei bar, ristoranti e altre attività del settore food che hanno sì riaperto, ma che   stanno vivendo una delle crisi più nere, sia per l’assenza di lavoratori, soprattutto nei quartieri a più alta densità di uffici come Citylife a Milano e l’EUR a Roma, sia di turisti nelle città d’arte e nelle località turistiche. 
Parliamo di un esercito di oltre 133.000 imprese commerciali  e di 1, 2 milioni di occupati (Fonte: FIPE) per i quali il futuro lavorativo è tutt’altro che roseo.

Secondo un sondaggio condotto da Fiepet tra 300 sue imprese associate, apprendiamo che un’impresa su tre registra un calo di fatturato di oltre il 50% e poco più del 20% teme la chiusura. Un’eventuale persistenza di questa crisi, continuiamo a leggere nel report, costringerà l’87,5% degli intervistati a valutare di ridurre drasticamente il numero dei dipendenti, mentre il 62,1% valuterà se chiedere definitivamente. Il momento è difficile, ma se questa situazione di grave stallo, fosse in realtà un’opportunità per rivoluzionare un settore che finora è stato abbastanza impermeabile alla digital transformation che ha invece coinvolto tanti altri settori?

Dall’esperienza “smartplace” alle strategie digitali: come il settore della ristorazione può reinventarsi, e salvarsi, nella “fase 3”

È della settimana scorsa la notizia di Emme Restaurant,un noto ristorante gourmet, situato nel cuore del centro storico di Roma, che, per rispondere alla crisi economica del settore, ha avviato una delle prime esperienze pilota “smartplace” in città e nel settore dell’hospitality. Negli orari intermedi che vanno tra la colazione e il pranzo e in quelli del pomeriggio da dopo il pranzo e fino all’ora di cena, il locale mette a disposizione degli spazi con postazioni di lavoro smart. Queste sono dotate di una connessione internet wi-fi per consentire, a chiunque ne avesse bisogno, di essere connesso e di utilizzare quelle ore per svolgere le proprie attività durante quelle specifiche fasce orarie della giornata.

La startup italiana Nibol, dal canto suo, ha sviluppato un’app per mettere in rete bar e caffetterie milanesi che ospitano postazioni di lavoro dedicate ai “lavoratori agili” con un doppio obiettivo: da un lato, offrire un aiuto ai locali per affrontare la fase 3, riconvertendo gli spazi in postazioni di co-working. Dall'altro, garantire scrivanie on-demand sanificate e munite di wifi.

Il binomio “smart working - smart place”, dunque, sembra essere una possibile soluzione per questa fase 3, ma può diventare una sana abitudine anche per il futuro, se è vero che il 60% degli italiani, in uno studio condotto da CGIL e Fondazione di Vittorio sullo smart working, vorrebbe continuare a lavorare in modalità “agile”, anche nella fase post - pandemica.

D’altro canto sono molti i ristoranti che già in piena fase pandemica, per rimanere sul mercato e non perdere di vista la clientela, si sono trasformati in “dark kitchen”, ossia cucine chiuse che preparano pasti solo per la consegna a domicilio. Un trend che in molti hanno deciso di non abbandonare anche in questa nuova fase.

È il caso di Santopalato, la famosa trattoria romana moderna della giovane Sarah Cicolini, che già nei primi giorni di lockdown si è preparata ad un cambio di rotta con il menù a domicilio e ha dato vita a nuove idee che fossero trasportabili, familiari ed economicamente sostenibili. Ecco, dunque, che affidandosi ai provider di food delivery, Santopalato ha potuto continuare la sua attività consegnando a domicilio le sue note paste al forno anche al di fuori dei ristretti confini dell’Appia Nuova.

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Pavè, un locale tra i più noti di Milano, dopo il primo mese di lockdown ha pensato di organizzare un servizio di delivery di torte, dolcetti e cornetti per la prima colazione. Il successo è stato così ampio da mandare in crash il sito il primo giorno della riapertura. Il locale ha già da alcuni anni il servizio e-commerce per i prodotti secchi; la vera novità - che ha consentito di ripartire con molta fiducia - è proprio nell’ampliamento dell’offerta e-commerce con i prodotti freschi. Senza dubbio il digitale sta giocando un ruolo di fondamentale importanza. Come abbiamo già evidenziato qualche settimana fa in questo articolo, uno dei principali trend delineati nella fase 1 è stato il boom dell’e-commerce, che in poche settimane ha fatto un passo in avanti di quasi 10 anni.  Come confermano vari studi, tra i quali spicca quello condotto dall’Osservatorio B2C del Politecnico di Milano, nel 2020 gli acquisti online degli italiani cresceranno del 55% rispetto al 2019. In questo quadro in continua evoluzione, il Food continuerà ad essere uno dei principali settori stravolti dalle nuove abitudini di acquisto degli italiani: basti pensare che se, negli ultimi mesi, il food delivery è cresciuto del 19%, gli acquisti online nel settore enogastronomico sono aumentati del 63%. I bar e ristoranti, dunque, non possono non tenere in forte considerazione questo trend della propria clientela per riacquistare fatturato e quote di mercato ai livelli pre-lockdown e magari andare anche oltre i risultati del passato. Il digitale è la vera chiave di volta per sopravvivere e per costruire un nuovo rapporto con la propria clientela.

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