L’omessa dichiarazione è una delle violazioni fiscali più gravi previste dal sistema tributario italiano. In questa guida analizzeremo cos’è, quali sono le sanzioni, come funziona il ravvedimento, e come è possibile sanare l’omessa dichiarazione dei redditi, anche dopo i 90 giorni.

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Omessa dichiarazione: definizione e normativa di riferimento

Secondo l’articolo 2 comma 7 del DPR n. 322/98, la dichiarazione omessa è quella non presentata entro 90 giorni dalla scadenza ordinaria, fissata al 31 ottobre 2025 per il periodo d’imposta 2024. Se l’invio avviene entro il termine di 90 giorni, è considerata “tardiva” ma ancora valida, altrimenti viene trattata come omessa.

Si distingue tra dichiarazione infedele e omessa: la prima (in base all’art. 4 del D.Lgs. 74/2000) contiene errori o dati incompleti, la seconda non è mai stata trasmessa o è stata scartata dal sistema senza reinvio. Questa differenza è fondamentale perché incide sulla possibilità di regolarizzare l’irregolarità e sulla gravità delle sanzioni applicabili.

La disciplina sanzionatoria è contenuta nel D.Lgs. 471/1997, mentre il D.Lgs. 74/2000, all’articolo 5, stabilisce quando l’omissione può costituire reato penale, in particolare se l’imposta evasa supera determinate soglie.

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Omessa dichiarazione dei redditi: quando si verifica

L’omessa dichiarazione dei redditi può derivare da dimenticanze o errori formali. Può accadere, ad esempio, che un libero professionista in regime forfettario ritenga di non dover presentare il modello Redditi PF, oppure che un file telematico non venga trasmesso correttamente. In ogni caso, la responsabilità resta del contribuente.

La violazione può riguardare diversi tributi (IRPEF, IRES e IVA). L’omessa dichiarazione IRPEF interessa persone fisiche e professionisti che versano tasse con Partita IVA, fra cui i sostituti d’imposta

L’omessa dichiarazione IRES coinvolge le società, mentre quella IVA è più immediata da individuare, grazie ai controlli automatizzati su scritture contabilifatture elettroniche e versamenti F24.

Dichiarazione omessa oltre 90 giorni

Trascorsi 90 giorni dalla scadenza, la dichiarazione diventa formalmente omessa. Anche se successivamente inviata, resta giuridicamente nulla.

Il contribuente perde così la possibilità di utilizzare eventuali crediti o detrazioni e rischia un accertamento d’ufficio, con redditi stimati dall’Agenzia sulla base di spese, dati bancari e fatture.

Chi decide di regolarizzarsi prima di ricevere un avviso, beneficia di forti riduzioni della sanzione. L’invio tardivo, pur non valido ai fini formali, serve comunque a dimostrare la volontà di sanare la posizione e ad accedere al ravvedimento operoso.

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Omessa dichiarazione dei redditi per più anni

Quando la violazione si ripete per più anni consecutivi, le conseguenze diventano cumulative. Ogni anno di mancata dichiarazione è considerato un’infrazione autonoma, con sanzioni e interessi che si sommano.

Se l’imposta evasa supera 50.000 € per anno, si configura anche il reato di omessa dichiarazione, punito dall’articolo 5 del D.Lgs. 74/2000 con la reclusione da 2 a 5 anni, oltre alla confisca del profitto illecito. 

Per chi ha Partita IVA, le omissioni pluriennali possono inoltre compromettere la regolarità DURC e l’accesso a crediti o agevolazioni fiscali.

Omessa dichiarazione: sanzioni e importi applicabili

Le sanzioni per omessa dichiarazione variano in base alla gravità e alla tempestività della regolarizzazione. Se le imposte non sono versate, la sanzione è pari al 120% dell’importo dovuto, con un minimo di 250 €. Se non sono dovute imposte, è prevista una sanzione da 250 a 1.000 €.

Per le imprese soggette a contabilità ordinaria, gli importi possono raddoppiare, soprattutto se l’omissione riguarda anche l’IVA o i versamenti connessi. Dal 1° settembre 2024, il D.Lgs. 87/2024 ha introdotto un nuovo schema di ravvedimento più flessibile e proporzionale:

  • entro 14 giorni, la sanzione è pari allo 0,0833% per giorno di ritardo
  • entro 30 giorni, 1,25%
  • entro 90 giorni, 1,3889%
  • entro l’anno successivo, 3,125%
  • oltre l’anno, ma prima dell’accertamento, 3,5714%

Gli interessi legali sono attualmente fissati al 2% annuo. Il pagamento avviene tramite Modello F24, utilizzando gli specifici codici tributo.

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Calcolo della sanzione per omessa dichiarazione dei redditi

Il calcolo della sanzione per omessa dichiarazione dei redditi dipende da due fattori principali: l’imposta dovuta e il momento in cui avviene la regolarizzazione.

In base al D.Lgs. 471/1997, la sanzione per violazioni dal 1° settembre 2024 è pari al 120% dell’imposta dovuta, con un minimo di 250 €. Se l’omissione riguarda una dichiarazione a credito o con saldo zero, la sanzione resta compresa tra 250 e 1.000 €.

Dal 2024, con il nuovo D.Lgs. 87/2024, è stato introdotto un sistema graduale di riduzioni: chi si mette in regola entro pochi giorni paga una quota simbolica, mentre chi attende mesi o anni affronta percentuali più alte.

Ecco un esempio pratico e aggiornato. Un contribuente deve 4.000 € di IRPEF e si accorge di non aver presentato la dichiarazione dopo 60 giorni. Se regolarizza con il ravvedimento operoso, la sanzione è ridotta all’1,3889%: quindi 55,56 €, più circa 13 € di interessi legali al 2%. Il totale da versare è circa 4.069 €. Se invece attendesse l’accertamento, pagherebbe almeno il 120% di sanzione, superando 8.800 €.

Ravvedimento per dichiarazione omessa: come funziona

Il ravvedimento di una dichiarazione omessa è la procedura che consente al contribuente di rimediare spontaneamente, evitando sanzioni piene. Può essere utilizzato anche oltre i 90 giorni dalla scadenza, purché l’Agenzia delle Entrate non abbia già notificato un avviso di accertamento o una comunicazione di irregolarità.

La regolarizzazione avviene in tre passaggi:

  1. Presentare la dichiarazione mancante, anche se formalmente “omessa”.
  2. Versare le imposte dovute, con aggiunta di interessi legali (2% annuo nel 2025).
  3. Pagare la sanzione ridotta, determinata in base al tempo trascorso.

Dal 2025, il sistema consente anche correzioni successive, permettendo di regolarizzare errori residui senza perdere la riduzione.

Inoltre, per chi regolarizza entro 14 giorni, la sanzione giornaliera dello 0,0833% equivale a circa 1 € ogni 1.000 € di imposta, rendendo la procedura vantaggiosa anche per importi elevati.

Omessa dichiarazione dei redditi: come sanare la propria posizione

Sanare l'omessa dichiarazione dei redditi è possibile in qualunque momento prima dell’accertamento.

Il primo passo è ricostruire la propria situazione fiscale, raccogliendo la documentazione necessaria. Poi si procede con la compilazione e l’invio della dichiarazione mancante tramite i canali telematici dell’Agenzia delle Entrate.

Dopo l’invio, occorre versare spontaneamente le imposte dovute, gli interessi maturati e la sanzione ridotta dal ravvedimento. Questa procedura può essere gestita autonomamente o con l’aiuto di un commercialista. 

Se il ravvedimento non è più possibile — perché è arrivata una cartella o un avviso di accertamento — restano due alternative: la definizione agevolata o la rateizzazione del debito.

Entrambe consentono di ridurre gli interessi di mora e dimostrare buona fede, evitando l’iscrizione a ruolo coattivo.

Omessa dichiarazione dei redditi: prescrizione e decadenza

La prescrizione dell’omessa dichiarazione dei redditi stabilisce per quanto tempo l’Agenzia delle Entrate può effettuare accertamenti. Il termine ordinario è di 7 anni, calcolato dal 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione doveva essere presentata.

Ad esempio, se la dichiarazione 2023 (scadenza 30 novembre 2024) non viene inviata, l’Agenzia potrà accertare fino al 31 dicembre 2031.

È utile distinguere fra la decadenza, ossia il periodo entro cui l’Agenzia può emettere un atto di accertamento, e la prescrizione, che è il tempo massimo per riscuotere le somme dovute.

La notifica di un avviso o di una cartella interrompe i termini, che ricominciano a decorrere da zero. Per questo motivo consigliamo di verificare sempre le date indicate negli atti ricevuti: potresti eccepire la prescrizione se i termini sono scaduti.

Conseguenze pratiche e prevenzione 

L’omessa dichiarazione comporta non solo sanzioni ma anche ripercussioni economiche e previdenziali. Il contribuente rischia l’accertamento d’ufficio, la perdita di detrazioni e crediti fiscali e, per chi ha Partita IVA, l’irregolarità contributiva verso INPS e INAIL.

A livello reputazionale, l’irregolarità può incidere sulla concessione di mutui, bandi o finanziamenti. Per evitare il sorgere di nuovi problemi, è utile impostare un sistema di controllo delle scadenze fiscali o affidarsi a un consulente che effettui un monitoraggio.

Esempio pratico di regolarizzazione della dichiarazione omessa

Di seguito, un esempio di calcolo della sanzione per omessa dichiarazione. Immagina un lavoratore autonomo che nel 2023 non presenta la dichiarazione e deve versare 5.000 € di IRPEF. Dopo 6 mesi decide di regolarizzarsi. 

Con il ravvedimento per dichiarazione omessa, la sanzione ridotta al 3,125% ammonta a 156,25 €, più circa 50 € di interessi. Totale da pagare: 5.206,25 €. Se attendesse l’accertamento, con una sanzione minima del 120%, arriverebbe a oltre 11.000 €.

Questo dimostra che la regolarizzazione immediata non solo riduce l’esborso fiscale ma tutela la credibilità e la serenità economica del contribuente.

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