La joint venture è una forma di collaborazione strategica sempre più usata da imprese che vogliono crescere, innovare o entrare in nuovi mercati. In questo articolo vedremo cos’è una joint venture, quali opportunità offre, le diverse tipologie esistenti e gli aspetti legali da tenere in considerazione.

Contenuti

Caratteristiche e obiettivi di una joint venture

Nel mondo del business, la collaborazione può essere una chiave molto importante per il raggiungimento del successo. Proprio per questo, sono nate le joint venture.

Cos’è una joint venture: la definizione

La joint venture è un accordo di collaborazione tra due o più imprese che decidono di unire le proprie competenze, risorse e capitali al fine di realizzare insieme un progetto specifico.

A differenza di una fusione o di un’acquisizione, in una joint venture ogni azienda mantiene la propria autonomia giuridica ed economica, pur condividendo i rischi e i benefici dell’attività in comune.

Obiettivi e motivazioni della costituzione

Le imprese scelgono di costituire una joint venture per una serie di ragioni strategiche. Tra le più comuni troviamo:

  • espandersi in nuovi mercati, spesso complessi o lontani dal proprio settore attuale, dove serve il supporto di un partner locale
  • ridurre i costi di produzione o di ricerca e sviluppo, condividendo risorse, oneri finanziari, competenze e tecnologie
  • aumentare la competitività grazie all’integrazione di know-how complementari
  • creare sinergie tra aziende che operano in settori affini o lungo la stessa filiera produttiva

Vantaggi e significato della joint venture

Uno dei principali vantaggi di una joint venture è la condivisione del rischio: ogni partner, infatti, contribuisce al progetto solo per la parte stabilita nell’accordo, senza dover sostenere l’intero peso dell’investimento.

Si tratta, inoltre, di una collaborazione flessibile adatta per raggiungere degli obiettivi specifici e limitati nel tempo, senza la rigidità di una fusione o di un’acquisizione. Grazie all’unione delle competenze, è possibile agire più rapidamente e migliorare i redditi d’impresa, soprattutto quando si tratta di entrare all’interno di nuovi mercati.

Dal punto di vista legale, inoltre, la joint venture permette di lavorare insieme in modo strutturato, mantenendo però la piena autonomia giuridica di ciascun partner.

Problemi delle joint venture

Naturalmente, non esistono solo i vantaggi. Le joint venture, infatti, possono incontrare anche delle difficoltà, specialmente se non vi è un’adeguata pianificazione o un’accurata chiarezza a livello contrattuale.

I problemi più comuni riguardano:

  • differenze di brand identity o di gestione tra le aziende coinvolte
  • obiettivi non allineati nel tempo
  • distribuzione non equa dei risultati
  • rischi di fuga di know-how o uso scorretto delle tecnologie condivise
  • complessità legali
  • stallo decisionale (deadlock)
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Diverse tipologie di joint venture

A seconda degli obiettivi, della durata e del livello di coinvolgimento tra le parti, è possibile strutturare una joint venture (JV) in modo più semplice o più articolato.

Differenza tra partnership e joint venture

Spesso si tende a confondere la partnership con la joint venture, ma le due forme di collaborazione sono molto diverse.

Una partnership è un rapporto di lungo termine, stabile e continuativo, che può riguardare vari aspetti del business tra due o più soggetti. La joint venture, invece, nasce per un progetto ben preciso, con obiettivi chiari e una durata definita (o comunque limitata nel tempo).

Inoltre, mentre la partnership può anche non prevedere alcun vincolo legale particolarmente rigido, la joint venture richiede un contratto accuratamente strutturato.

Joint venture contrattuali

Nel caso della joint venture contrattuale non si crea una nuova entità giuridica, ma i partner si limitano a firmare un contratto in cui vengono stabiliti:

  • gli obiettivi comuni da raggiungere
  • le risorse che ciascuno metterà a disposizione
  • i criteri di ripartizione di utili e perdite
  • le modalità di gestione del progetto

Questa soluzione è molto usata quando le imprese vogliono mantenere la piena autonomia e non vogliono creare una nuova società, ma solo collaborare per un periodo o un’attività specifica.

Tale modello è adatto, ad esempio, per la partecipazione congiunta a una gara d’appalto, lo sviluppo di un prodotto, un’attività di distribuzione o un progetto di ricerca.

Joint venture societarie

Al contrario, la joint venture societaria prevede la costituzione di una nuova persona giuridica autonoma, distinta dalle imprese partecipanti.

Questa struttura è adatta a progetti di più lungo periodo o a collaborazioni maggiormente complesse, come la creazione di una nuova linea di business o lo sviluppo congiunto di tecnologie proprietarie.

La joint venture societaria permette di centralizzare le attività, creare organi di governo autonomi e di garantire una maggiore tutela reciproca tramite statuti e patti parasociali.

Scelta della tipologia di joint venture

La scelta tra joint venture contrattuale o societaria dipende da diversi fattori:

  • Per obiettivi a breve termine conviene spesso la forma contrattuale; per progetti strutturati e duraturi, invece, la forma societaria offre maggiori tutele.
  • Se sono previsti degli investimenti significativi in strutture, tecnologie o risorse umane, è preferibile optare per una JV societaria.
  • Una maggiore integrazione operativa richiede strumenti più solidi a livello di governance, spesso realizzabili solo con una società.
  • La forma societaria può offrire uno “schermo” tra le attività della JV e le imprese partner, limitando i rischi a livello individuale.

Costituzione di una joint venture: ricerca di partner idonei

La costituzione di una joint venture parte dalla ricerca del partner più adeguato. Anche l’idea più brillante, infatti, può fallire se viene portata avanti con l’azienda sbagliata.

Criteri qualitativi e quantitativi

Per la valutazione di un potenziale partner, è fondamentale applicare dei criteri chiari e oggettivi che possono essere suddivisi in due categorie.

I criteri qualitativi riguardano principalmente: la compatibilità culturale e organizzativa, la reputazione sul mercato, l’esperienza nel settore e l’allineamento strategico.

I criteri quantitativi, invece, permettono di valutare la solidità e il potenziale economico del potenziale partner. Tra di essi, possiamo citare: il fatturato medio e l’utile netto degli ultimi anni, l’EBITDA e la capacità produttiva o distributiva.

Mappatura del mercato

Una volta stabiliti i criteri, il passo successivo è la mappatura del mercato, cioè un’indagine strutturata per identificare i potenziali partner più interessanti. Questo processo può essere gestito internamente o delegato a società specializzate.

L’obiettivo è quello di creare una short list di aziende da contattare e con cui avviare i primi colloqui.

Esempi di joint venture

Vediamo ora alcuni esempi concreti di joint venture che mostrano come questa forma di collaborazione possa adattarsi a settori e obiettivi molto diversi:

  • Sensia (Schlumberger + Rockwell Automation), nata per creare soluzioni digitali per l’automazione nell’ambito del settore oil & gas.
  • Sony Ericsson, un esempio storico di joint venture nel settore tecnologico, in cui Sony ed Ericsson unirono le rispettive competenze con l’obiettivo di produrre dispositivi mobili, accompagnando la transizione dai telefoni cellulari tradizionali agli smartphone.
  • Fiat e Tata Motors, una collaborazione tra la casa automobilistica italiana e quella indiana al fine di condividere piattaforme produttive e di distribuire veicoli nei rispettivi mercati di riferimento.
  • Starbucks + PepsiCo, una joint venture nel settore food & beverage per la distribuzione internazionale delle bevande pronte al consumo prodotte da Starbucks, sfruttando la rete logistica globale di PepsiCo.
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Fasi per la creazione di una joint venture

Costituire una joint venture non significa soltanto trovare il partner giusto. Si tratta di seguire un processo strutturato, fatto di fasi ben definite, che richiede un’adeguata pianificazione, la massima chiarezza e una grande attenzione ai dettagli.

Studio di fattibilità della joint venture

Lo studio di fattibilità costituisce un’analisi preliminare in cui si valutano gli aspetti chiave del progetto con l’obiettivo di capire se ha senso proseguire e in che forma.

Esso generalmente include:

  • l’analisi del mercato di riferimento e della concorrenza
  • l’investimento previsto e la ripartizione dei costi tra i partner
  • le tecnologie e il know-how che ciascuna parte può mettere a disposizione
  • i potenziali ricavi e le modalità di suddivisione degli utili
  • la durata prevista della collaborazione

Lettera di intenti o memorandum of understanding

Quando lo studio di fattibilità conferma che ci sono i presupposti per procedere, le parti possono sottoscrivere una lettera di intenti (LOI) o un memorandum of understanding (MOU).

Si tratta, nella maggior parte dei casi, di documenti non vincolanti, ma comunque fondamentali perché fissano i principi base dell’accordo e stabiliscono il perimetro della trattativa.

Accordo principale di costituzione della joint venture

Il cuore del processo è la firma dell’accordo principale (main agreement), il quale disciplina ogni aspetto essenziale della JV.

Se la joint venture prevede la creazione di una società autonoma, questo documento può anche contenere gli statuti societari, oppure prevedere che vengano firmati subito dopo la costituzione della nuova entità.

È importante che il contratto principale sia il più chiaro possibile e che preveda anche eventuali scenari di crisi. Meglio, infatti, definire fin da subito cosa succederà successivamente, piuttosto che ritrovarsi sul momento impreparati.

Accordi accessori (ancillary o operational agreements)

Accanto all’accordo principale, vengono spesso sottoscritti una serie di contratti operativi che servono a regolare in dettaglio le attività quotidiane della collaborazione.

Una clausola molto diffusa è quella delle warranties and representations, cioè gli impegni reciproci che ciascun partner assume verso l’altro e verso la JV stessa. Ad esempio, chi fornisce una tecnologia si impegna anche a svilupparla ulteriormente e a condividerne i miglioramenti.

Joint venture e obblighi di non concorrenza ed esclusività

Un altro aspetto importante da regolamentare durante la creazione di una joint venture è la non concorrenza tra i partner.

Cosa significano gli obblighi di non concorrenza durante la durata della JV?

In concreto, un obbligo di non concorrenza è un impegno che le parti si assumono a non operare nello stesso ambito di attività della joint venture, almeno per tutta la durata dell’accordo.

Questo significa che nessun partner potrà lanciare un prodotto simile, entrare nello stesso mercato o avviare una collaborazione alternativa che possa danneggiare direttamente la JV.

L’obiettivo di questa clausola è proteggere l’investimento comune, evitando che le risorse condivise (idee, tecnologie, dati sensibili, strategie di marketing) vengano usate da uno dei partner a proprio vantaggio e a discapito dell’altro.

Quali limitazioni possono essere incluse?

Gli obblighi di non concorrenza possono essere strutturati in modo più o meno ampio, a seconda del tipo di progetto e del livello di fiducia tra le aziende.

Ad esempio, può essere stabilito:

  • il divieto di operare nello stesso settore o nella stessa area geografica coperta dalla JV
  • l’esclusiva sulla distribuzione di determinati prodotti o servizi, vincolando i partner a utilizzare solo i canali della joint venture
  • il divieto di collaborare con determinati clienti o fornitori per prodotti simili a quelli sviluppati nell’ambito della JV
  • delle restrizioni sull’utilizzo di brevetti o tecnologie condivise, anche dopo la fine della collaborazione

Come redigere o modificare un accordo di non concorrenza?

Prima di tutto, bisogna indicare chiaramente in quale ambito opera la joint venture: prodotti, servizi, mercati e territori. Questo aiuterà a delimitare anche cosa rientra o meno nell’obbligo di non concorrenza.

Il divieto, inoltre, non può essere illimitato. È importante, quindi, prevedere una durata ben definita, spesso coincidente con quella della JV, e specificare se l’accordo vale solo in certi Paesi o regioni.

Una clausola troppo rigida rischia di penalizzare i singoli partner. Per questo è utile prevedere delle clausole di uscita o di revisione, ad esempio in caso di sotto-performance della JV, mutamento del mercato o del mancato rinnovo del business plan.

Se sorgono dei dubbi sull’interpretazione delle clausole, è bene stabilire in anticipo come verranno gestite: ad esempio, tramite l’arbitrato, la mediazione o un tribunale ordinario.

È importante, inoltre, tenere presente che ogni settore ha regole diverse e, se si opera a livello internazionale, entrano in gioco anche le normative locali e i regolamenti antitrust.

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Joint venture e proprietà intellettuale

Quando due aziende uniscono le forze in una joint venture, una delle prime domande da affrontare riguarda la gestione della proprietà intellettuale: chi ne è titolare? Come può essere utilizzata? E soprattutto, cosa succederà alla fine della collaborazione?

Controllo dei diritti di proprietà intellettuale

All’interno di una JV, è normale che ciascun partner contribuisca con qualcosa di proprio: un brevetto, un software, un marchio, un know-how tecnico o commerciale. Si tratta di asset immateriali dal valore strategico che vanno tutelati fin da subito.

Ci sono due modalità principali per gestirli: o vengono trasferiti direttamente alla joint venture, diventando parte integrante della nuova realtà, oppure vengono concessi in licenza d’uso, permettendo alla JV di utilizzarli senza perderne il controllo. Questa seconda opzione è spesso la preferita, perché lascia maggiore autonomia alle imprese coinvolte.

In ogni caso, è importante stabilire con chiarezza chi potrà utilizzare questi diritti, in quali contesti, e se eventuali sviluppi o migliorie resteranno nella JV oppure torneranno al partner che li ha ideati.

Proprietà intellettuale della joint venture alla cessazione dell’attività

Un ulteriore punto critico riguardo la proprietà intellettuale è la cessazione dell’attività. Bisogna, infatti, sapere con esattezza cosa succederà ai beni immateriali utilizzati o creati durante la partnership.

Se i diritti sono stati trasferiti alla JV, rientreranno nel suo patrimonio e saranno gestiti come qualsiasi altro bene, magari messi in vendita o assegnati secondo le quote. Se, invece, erano stati solo concessi in licenza, ogni partner riprenderà il pieno controllo dei propri asset.

La questione si complica quando si parla di proprietà intellettuale sviluppata congiuntamente. In questi casi, è fondamentale aver già deciso in modo preventivo a chi spetteranno i diritti, se potranno essere usati anche dopo la fine della JV e in che termini.

Organi di gestione della joint venture

Per la conduzione di una joint venture ben strutturata, un mero contratto non è sufficiente. È necessario anche un sistema di gestione efficace, chiaro e condiviso. 

Struttura di gestione a due livelli della joint venture

Nella maggior parte dei casi, la joint venture prevede una struttura di gestione a due livelli.

Da una parte troviamo un consiglio di amministrazione o comitato direttivo, composto dai rappresentanti delle imprese partner. Questo organo ha il compito di definire le strategie, approvare il business plan, valutare gli investimenti e di monitorare i risultati.

Dall’altra, vi è una struttura operativa, spesso guidata da un amministratore delegato o da un management team selezionato in base all’esperienza e alle competenze tecniche.

Joint venture e processo decisionale

Uno degli aspetti più delicati in una joint venture è il processo decisionale. Chi decide cosa? Con quale maggioranza? Serve l’unanimità o basta la maggioranza semplice?

Le risposte dipendono da come è stato strutturato l’accordo. È, però, buona norma distinguere tra decisioni ordinarie (che riguardano la gestione quotidiana) e decisioni straordinarie. Queste ultime, infatti, possono modificare l’assetto della JV o avere un impatto significativo sull’attività.

Per le decisioni straordinarie, quindi, solitamente si richiede l’approvazione di entrambi i partner o almeno la presenza di una maggioranza qualificata.

Al fine di evitare stalli (i cosiddetti deadlock), è consigliabile stabilire fin da subito dei meccanismi di risoluzione di eventuali controversie. Per esempio, si può prevedere il ricorso a un arbitro terzo, il passaggio a un livello superiore di governance o l’attivazione di clausole di uscita.

Joint venture: diritti di vendita congiunta

Se l’obiettivo della joint venture è quello di commercializzare beni o servizi, è utile anche disciplinare i diritti di vendita congiunta.

Questo significa chiarire se i partner potranno vendere i prodotti della JV anche tramite le proprie reti o se dovranno farlo esclusivamente attraverso i canali condivisi. La scelta tra le due possibilità dipende dalla strategia commerciale, ma deve essere coerente con le aspettative di entrambe le parti coinvolte.

Regolando questi aspetti al momento dell’accordo, si evitano potenziali incomprensioni e si tutela la brand identity costruita in modo congiunto.

Joint venture e condizioni di cessione delle quote

All’interno di una joint venture societaria, può accadere che uno dei partner voglia cedere la propria quota di partecipazione. Per gestire correttamente questa eventualità, è importante inserire nel contratto iniziale delle clausole che regolino i tempi, le modalità e le condizioni della cessione.

In questo caso, spesso si prevede un periodo di lock-up, durante il quale i partner non possono vendere le proprie quote. Trascorso questo lasso temporale, può entrare in gioco un diritto di prelazione, il quale consente all’altro partner di acquistare la quota prima che venga offerta a soggetti esterni.

In alcuni casi si introducono anche ulteriori meccanismi come il tag-along (il diritto di vendere la propria quota alle stesse condizioni ottenute dall’altro partner) o il drag-along (l’obbligo di vendere se uno dei soci trova un acquirente per il 100% delle quote).

Tutte queste clausole servono a garantire l’equilibrio e la continuità della joint venture, anche se dovessero cambiare le dinamiche aziendali.

Delega dei poteri di gestione della joint venture

Durante la creazione di una joint venture, è importante regolare anche la delega dei poteri. Non è, infatti, sempre possibile coinvolgere entrambi i partner per ogni singola decisione operativa. Per questo, spesso si decide di affidare determinati compiti o responsabilità a figure specifiche, come l’amministratore delegato o un manager di progetto.

Queste deleghe possono essere disgiunte (ogni delegato può agire in autonomia fino a un certo limite) oppure congiunte, per le attività più sensibili o maggiormente rilevanti. È utile anche definire dei budget operativi, delle soglie di spesa e dei margini di manovra per ogni figura coinvolta.

Joint venture: situazione di stallo (deadlock) e scioglimento

Anche nelle collaborazioni più solide, come una joint venture ben progettata, può accadere che i partner non riescano più a prendere delle decisioni comuni. In questi casi si parla di situazione di stallo o deadlock, un blocco che può mettere a serio rischio l’operatività dell’intero progetto.

In quali situazioni può verificarsi uno stallo nelle attività della JV?

Una situazione di stallo può verificarsi quando i partner non riescono a raggiungere un accordo su una decisione importante, specialmente se il contratto prevede che certe scelte debbano essere prese all’unanimità.

Ciò può accadere, ad esempio, quando:

  • uno dei soci vuole cambiare strategia, ma l’altro non è d’accordo
  • bisogna decidere su un investimento rilevante e le opinioni sono divergenti
  • si verifica una crisi esterna (come una modifica normativa) e manca un’intesa sulla risposta da intraprendere

Il rischio maggiore di questa situazione è che la joint venture resti bloccata nelle sue attività operative, nonostante gli obiettivi siano ancora validi e perfettamente raggiungibili. Un progetto, anche se promettente, infatti, può fermarsi del tutto semplicemente per una mancanza di strumenti adatti a gestire il disaccordo.

Possibili soluzioni alle controversie nelle joint venture

Per evitare che una divergenza si trasformi in una crisi irreversibile, è fondamentale inserire all’interno dell’accordo iniziale delle clausole di gestione del conflitto.

Una prima opzione è quella del raffreddamento della situazione (cooling-off period). Si rimanda la decisione di qualche giorno, lasciando spazio alla riflessione o al confronto con esperti terzi.

In alternativa, il disaccordo può essere scalato a un livello superiore, ad esempio passando dai rappresentanti nel consiglio di amministrazione fino ai CEO delle aziende partner.

Se le soluzioni interne non funzionano, si può fare ricorso a un arbitro neutrale oppure a una mediazione strutturata. Questi strumenti hanno il vantaggio di mantenere la riservatezza e il controllo, evitando di portare la disputa davanti a un tribunale ordinario.

In alcuni casi, è previsto che una parte possa inviare una comunicazione formale di deadlock (la cosiddetta deadlock notice), aprendo ufficialmente una fase di confronto strutturato. Se anche questo passaggio non porta risultati, si passa alle strategie di uscita.

Scioglimento della joint venture: strategie di uscita

Quando la collaborazione non funziona più o il progetto ha esaurito la sua spinta iniziale, lo scioglimento della joint venture può diventare l’unica strada percorribile.

Tuttavia, anche in questa situazione, è molto importante avere un piano ben definito da seguire. Uscire da una JV senza delle regole precise, infatti, può generare tensioni, portare a danni economici o, peggio ancora, sfociare in cause legali.

A tale scopo, si parla di exit strategy, ossia di un insieme di clausole che regolano come e quando ciascun partner può lasciare la JV. Le più comuni includono:

  • opzione di vendita (put option), una delle parti può decidere di cedere le proprie quote a un prezzo prestabilito e l’altra è obbligata ad acquistarle
  • opzione di acquisto (call option), al contrario della put option, una parte può forzare l’acquisto delle quote dell’altro assumendo il pieno controllo della JV
  • clausole combinate, ad esempio, si offre la scelta di vendere o di comprare, a seconda della situazione e del valore stabilito da un perito indipendente

In alcuni casi, se non si raggiunge un accordo e non è più possibile portare avanti l’attività, si può decidere per la liquidazione della JV, con la relativa distribuzione degli asset in base alle quote di partecipazione.

Questa è spesso considerata l’extrema ratio, perché comporta la perdita del valore creato e può danneggiare in modo irrimediabile l’immagine delle imprese coinvolte.

FAQ

Cosa significa joint venture?

Con il termine joint venture si indica la collaborazione tra due o più imprese che uniscono le loro risorse, competenze e capitale al fine di realizzare un progetto comune, condividendo rischi e benefici.

A cosa è dovuta la nascita delle joint venture?

La nascita delle joint venture è spesso dovuta alla necessità di entrare in nuovi mercati, di sviluppare tecnologie innovative o di condividere costi e rischi in progetti complessi, sfruttando le sinergie tra i partner.

Come creare una joint venture?

Per creare una joint venture è necessario: individuare un partner idoneo, realizzare uno studio di fattibilità, firmare una lettera di intenti e poi un contratto che definisca obiettivi, ruoli, investimenti, nonché le modalità di gestione della collaborazione.

Cosa vuol dire joint venture paritetica?

Una joint venture paritetica è una collaborazione in cui i partner partecipano in modo perfettamente equilibrato, con uguali diritti decisionali e con lo stesso numero di quote di partecipazione. In questo modo, responsabilità, rischi e benefici vengono condivisi in misura paritaria.

Quali sono le joint venture più famose?

Tra le joint venture più famose ci sono Sony Ericsson, nata dall’accordo tra Sony ed Ericsson nel settore della telefonia mobile, e Sensia, creata da Schlumberger e Rockwell Automation per l’automazione industriale nel settore oil & gas.

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