Avete già sentito parlare di Southworking, cioè lavorare a distanza, in genere dal sud Italia, ma per datori di lavoro che si trovano al nord?

Avete già sentito parlare di Southworking, cioè lavorare a distanza, in genere dal sud Italia, ma per datori di lavoro che si trovano al nord?

E’ una tendenza esplosa nel periodo della pandemia e che oggi sembra diventare sempre più una tendenza, modificando il modo di lavorare di molti dipendenti, imprenditori e professionisti. Oggi abbiamo incontrato Elena Militello, dottoressa di ricerca in Diritto e Scienze umane e ideatrice  del progetto “Southworking - Lavorare dal Sud”, lanciato dal Global Shapers Hub di Palermo.

Buona lettura!
 

1. Elena, raccontaci un po’ di te e spiegaci perché, con il Global Shapers Hub di Palermo, stai sviluppato il progetto South Working - Lavorare da Sud.

Mi chiamo Elena Militello, ho 27 anni e mi occupo di ricerca in procedura penale comparata. Sono l’ideatrice del progetto “South Working - Lavorare dal Sud” e in questi anni di studio e lavoro tra Milano, Como, Germania e Stati Uniti ho sempre desiderato tornare a Palermo per poter lavorare dalla mia terra. Dall'anno scorso faccio parte dell’associazione Global Shapers - Palermo Hub. Ci occupiamo di iniziative e progetti legati agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 del World Economic Forum, che pongono particolare attenzione su temi come la legalità, l’inclusione sociale, l’ospitalità, il multiculturalismo, l’educazione e l’imprenditorialità. In questo ambiente è nato il progetto “South Working - Lavorare dal Sud”, sostenuto dalla comunità dinamica, attiva e giovane dei Global Shapers”.

2. Che cos'è di preciso Southworking - Lavorare da Sud?

South Working - Lavorare dal Sud è un progetto volto a diffondere la possibilità di lavoro agile da dove si desidera, in particolare dalle regioni del Sud. Il Sud per noi è un concetto relativo. L’Italia fa parte dei Paesi del Sud dell’Europa, e siamo tutti il Sud di qualcun altro. L’obiettivo più ampio del progetto è ridurre il divario economico, sociale e territoriale nazionale e rispetto ai Paesi del resto d’Europa. Il progetto si compone di diversi momenti e assi di azione. Nel breve periodo, lavoriamo per aumentare la consapevolezza delle possibilità di lavorare a distanza principalmente dal Sud e dell’esistenza di contratti di lavoro ad-hoc. L’Osservatorio South Working è il luogo virtuale sul quale pubblicheremo ricerche, articoli e dati per studiare il contesto e il dibattito sui temi affini al progetto. In particolare, il sondaggio relativo ai lavoratori sta già circolando con ampia diffusione. Gli altri aspetti del progetto riguardano la comunicazione e collaborazione con le imprese; il rapporto dei South Workers con i territori e le comunità di destinazione, anche tramite la creazione e l’integrazione di una rete tra i coworking esistenti a livello nazionale per contrastare quella condizione di isolamento che ha caratterizzato tante persone, soprattutto quelle impegnate in telelavoro emergenziale durante il lockdown. In secondo luogo speriamo di stimolare una collaborazione strutturata tra i vari soggetti interessati e tra i vari livelli di governo per agevolare chi vuole lavorare dal Sud in remoto. Infine, nel lungo periodo, desideriamo contribuire a creare una maggiore flessibilità per una vasta gamma di lavoratrici e lavoratori a livello intraeuropeo, che potranno approfittare delle reti di soggetti già esistenti per una maggiore mobilità, una maggiore qualità della vita, una maggiore vicinanza alle proprie reti sociali.
 

3. La pandemia dei mesi scorsi è stata un acceleratore di un fenomeno già latente oppure è stata l'occasione per riflettere in maniera più approfondita sul mondo del lavoro e cercare di cambiarlo, allentando anche il forte squilibrio tra Nord e Sud del Paese? 

La pandemia è un elemento di forte accelerazione per molti settori soprattutto legati a o basati sul digitale, ma è sicuramente anche un modo per riflettere in modo più approfondito e realista sul futuro del lavoro. Il progetto è nato proprio perché abbiamo iniziato a fare queste considerazioni prima di tutto sulle nostre situazioni di lavoro e studio. Al contrario, la pandemia sta facendo emergere nuove diseguaglianze e sta accentuando quelle già esistenti. Pertanto, come progetto “South Working - Lavorare dal Sud”, vogliamo ragionare su come superare le criticità del lavoro agile e alimentare una massa critica sui temi dello smart working e della coesione economica, sociale e territoriale per un futuro del lavoro migliore per tutti, lavoratori e aziende. 
 

4. Quale è la concreta fattibilità del progetto e cosa state facendo in pratica per creare un "nuovo equilibrio" nel mercato del lavoro (busta paga a Milano; testa e cuore al Sud)?  

Il progetto è già avviato, in termini di advocacy e movimento di opinione. La sua fattibilità dipenderà da molteplici fattori, inclusi il desiderio e la perseveranza dei lavoratori, delle aziende e delle istituzioni di immaginare un futuro del lavoro più sicuro, equilibrato, sicuro e un sistema Paese più solido. Stiamo scoprendo che esistono già tanti lavoratori che operano con queste modalità. Noi stiamo facendo la nostro parte, ricordando che il lavoro a distanza è un mezzo per arrivare all’obiettivo - credo - condiviso di miglioramento dell’ecosistema economico delle regioni del Sud e della coesione territoriale dell’intero Paese.
 

5. Quanto pesa il dialogo con le Istituzioni e con i principali stakeholder, ma anche con altre realtà fatte di giovani che sono pronti a investire risorse economiche e umane nel territorio di origine?

Il dialogo con Istituzioni, i portatori di interessi diretti e indiretti e tutti coloro che desiderano apportare valore al progetto con l’obiettivo di ridurre il divario tra il Nord e il Sud d’Italia e d’Europa è fondamentale e sorprendentemente attivo negli ultimi mesi. È divenuto tanto importante da poter dire che il capitale relazionale rappresenta uno degli elementi fondanti del progetto. Dunque, il dialogo rappresenta una parte essenziale di un percorso complesso, che sicuramente presenterà delle criticità ma che auspicabilmente porterà coloro che lo desiderano a vivere e lavorare meglio. 
 

6. Si è sempre detto che per avere successo nel mondo del lavoro era necessario "vivere un'esperienza di lavoro all'estero" e poi eventualmente tornare. Essere un "south worker" scardina, secondo te, questa logica? 

No. Al contrario, noi riteniamo che la mobilità sia un valore fondamentale. Noi stessi non saremmo arrivati a questo punto se non avessimo accumulato esperienze di studio e lavoro fuori dalla nostra terra d’origine. Chiaramente il punto non è se spostarsi o meno (secondo le possibilità di ognuno) ma la possibilità del ritorno, e quindi avere anche la possibilità di lavorare dal Sud e poi per il Sud, grazie ai benefici che la tecnologia mette a disposizione. Cosa che avviene già da tanti anni con estrema normalità in Paesi ai quali normalmente molti guardano con attenzione, per esempio negli Stati Uniti, con tutte le diversità di contesto che ciò comporta.
 

7. In un contesto di lavoro da remoto, quanto credi sia importante per un professionista o per un imprenditore avere accesso a servizi bancari e di fatturazione online? Il fintech può aiutare il lavoro da remoto dalle regioni del Sud?

Soprattutto in questo periodo, il processo di trasformazione digitale ha subito una grande accelerazione. Tanti imprenditori e professionisti hanno potuto godere dei benefici della tecnologia, ma non si può neppure guardare a questo come uno strumento risolutivo di tutte le complessità. Al contrario, è necessario comprendere le criticità e gli aspetti positivi di tali strumenti per democratizzare e garantire in modo più ampio e sicuro possibile l’accesso a servizi bancari e di fatturazione online efficienti, considerando innanzitutto la necessaria e adeguata conoscenza e formazione nell’utilizzo di questi sistemi. 
 

Elena non ha alcun accordo commerciale con Finom e la ringraziamo per il suo tempo. Questa intervista è stata possibile anche grazie al prezioso supporto di Mario Mirabile.

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